IL COMMERCIO FRA LA HISPANIA E LE ALTRE PARTI DELL’ IMPERO ROMANO |
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testo di Iwona Modrzewska-Pianetti
Istituto di Archeologia
Universita’ di Varsavia
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.tradotto da F.Pianetti ISDGM CNR Venezia
Il commercio iberico interesso’ vaste zone del
mondo ma specialmente l’ Europa. Le tracce con cui esso si manifesta sono
le anfore spagnole incontrate con varia numerosita’ in vari luoghi sulla
terra e nei naufragi nel Mediterraneo.Una delle zone nodali per le relazioni
commerciali dell’ Impero era la X Regio Venetia , odierno Veneto..Questa,
aperta sull’ Adriatico, era essenziale per le vie di comunicazioni di tutta la Gallia Cisalpina, cioe’ il Nord Italia.
Presentando i ritrovamenti di anfore della Penisola Iberica nel
Veneto occorre domandarsi quale era il carattere di questi ritrovamenti,
se si trattava di importazione li’destinata o in transito. Dato che cio’
rimane sempre un po' ipotetico, cerchiamo di vedere quale fosse il carattere
dei contatti fra le due penisole. La posizione di Aquileia lungo la via
commerciale fra le province aveva un ruolo importante e dobbiamo prenderla
in considerazione parlando del Veneto. I ritrovamenti nella laguna veneta,
confermano la varieta' dei contatti con l'Occidente, l'Oriente e l'Africa
settentrionale ed Aquileia aveva un ruolo di primo piano per questi contatti.
Il carattere comune dei ritrovamenti, fatti lungo le coste e nella laguna,
di contenitori che per la maggior parte provengono dall'Oriente, e' visibile
particolarmente nell'epoca tarda. Molto poco sappiamo dei contenitori
lusitani tardo romani ritrovati ad Aquileia, anche se essi sono presenti
su tutta la costa veneta e nella laguna.
Specialmente i contenitori per garum lusitani tardo romani, ritrovati
nel delta del Po, ad Altino e Concordia, non possono essersi trovati li'
casualmente. Non possiamo per ora dire se erano cosi’ numerosi come i
contenitori africani, che comunque sono molti e nell'epoca tarda sono
presenti sia lungo le coste sia nella laguna. Un fatto evidente e' che
i contenitori iberici sono presenti lungo le coste e non nel retroterra.
Comunque sia, questo panorama e' molto diverso da quello dei tempi di
Augusto e di Claudio, quando anche lungo le coste dominavano i contenitori
italici. Anche quando sono presenti contenitori iberici, specialmente
per salse di pesce, essi sono sempre in minor numero di quelli prodotti
nell'Italia settentrionale. Da notare che non arrivavano uniformemente;
per esempio i depositi chepresenrano una stessa forma sono molti a Verona
ed a Roncaglia. Tutti gli altri ritrovamento si compongono di tipi diversi,
oppure sono ritrovamenti di una certa zona e non un insieme, come ad Este
o a Treviso. Si osserva nondimeno una certa sequenza cronologica dei ritrovamenti
che esamineremo meglio piu' avanti. Generalmente piu' antichi sono i contenitori
di Verona e con un esemplare di Vicenza di epoca augustea; in quasi tutti
i ritrovamenti vi sono forme del pieno primo secolo e qualche volta degli
inizi del II secolo. Per la maggior parte sono forme betiche, ma vi e’
anche una forma particolare, la Dr 8 similis, che si ripete in vari ritrovamenti
e che forse proviene dalla costa spagnola di levante o catalana ma forse
puo’ essere anche una imitazione cisalpina delle forme spagnole.Se fosse
spagnola,sarebbe collegata con una delle vie seguite dal trasporto marittimo
proveniente dalla Spagna. Doveva essere uno dei percorsi, diretti o indiretti,
via Catalogna, per far arrivare i contenitori fino in Italia. I contenitori
spagnoli per garum sono piu' numerosi delle anfore per olio o per vino.
Generalmente nel Veneto le anfore venivano riusate come rafforzo del terreno,
ma anche, come a Verona, immagazzinate oppure riusate per le sepolture,
come ad Altino ed in altre localita' della laguna. Stupisce il grande
numero di anfore betiche, ritrovate a Verona, che sembrano essere arrivate
sul luogo insieme e nello stesso tempo. Se ammettiamo che le anfore fossero
giunte a Verona insieme, diviene importante capire il percorso seguito.
Se accettiamo invece l'ipotesi che fossero giunte a varie riprese, cio'
significa che si trattava di un contatto permanente ed anche in questo
caso e' interessante conoscere il percorso seguito. In ogni modo il lotto
delle anfore di Verona testimonia una certa intensita' di contatti nell'epoca
augustea. Ci si deve domandare se le anfore potessero essere arrivate
dalla parte del Tirreno. Se cosi' fosse stato, diventerebbe importante
il carico del naufragio di Diano Marina, presso le coste liguri, che trasportava
anfore spagnole. Diamo uno sguardo alla distribuzione dei ritrovamenti
spagnoli nel territorio ligure, ove le
merci percorrevano strade molto importanti per le comunicazioni fra Mar
Tirreno e Mare Adriatico. Si ritrovano esemplari singolari sia nel naufragio
predetto sia fra i ritrovamenti di Mantova, Milano, Ferrara. Lungo la Postumia troviamo qualche esempio di Dr 20, fra cui un’
anfora di Piacenza della meta' del I sec.d.C. Ultimamente la Bruni ha
pubblicato i dati concernenti i ritrovamenti della Cisalpina Occidentale
( in Optima via.Atti convegno internazionale Cremona 1996,Cremona 1998).
Cio’ che ci permette pensare che forse e’ stata anche questa la via d’
importazione verso il centro della Cisalpina.Questi nuovi dati ci sono
serviti per la presentazione fatta al convegno internazionale a Sevilla
ed Ecija nel dicembre 1998 (atti in stampa)Ex Baetica Amphorae organizzato
dall’ Universita’ di Sevilla. Un'anfora
bollata come in un ritrovamento cisalpino si conosce dai naufragi a Saint-Gervais
3 e Port-Vendres II e da ritrovamenti nella valle del Rodano, in Germania
e in Bretagna. Un buon punto di riferimento per i carichi augustei e'
Port-Vendres II . Ritrovamenti di anfore betiche vengono effettuati anche
in vari luoghi della Penisola Italica. Per arrivarvi avevano dovuto percorrere
una lunga via dal sud della Spagna verso le Baleari, attraverso lo stretto
di Bonifacio e giungere ad Ostia; questa via era gia' indicata dagli scrittori
antichi. Oltre a questo percorso e alla via lungo le coste catalane verso
la Gallia, ne esisteva anche un altro lungo le coste atlantiche, verso
la Britannia. Una testimonianza di questa via possono essere i ritrovamenti
di anfore Beltran II A e B, Dr 20, rinvenute ad ovest delle coste francesi
settentrionali , per esempio presso l'isola di Guernsey. Ad ogni modo
le testimonianze dei ritrovamenti spagnoli suggeriscono anche questo percorso
e sono tetimonianze interessanti
dell'espansione delle merci spagnole. A questo punto torniamo alla possibilita'
dell'arrivo di una notevole quantita' di anfore betiche a Verona. Valida rimane la domanda inerente quel personaggio
di Astigi in Betica, deceduto a Verona: poteva essere connesso con questo
commercio ? Non sappiamo quale
legame ci sia oltre a quello produttivo fra il deposito di Verona e quello
della Valle dell'Ebro. In ambedue
i depositi mancano anfore olearie betiche, cosa caratteristica per il
primo periodo di Augusto. E' questo
il momento quando i prodotti olearii italici vengono sostituiti da quelli
spagnoli. Nei depositi sono presenti contenitori Dr 1, Lamboglia 2, ma
anche Dr 6. Non sono molte le anfore padano-adriatiche ritrovate vicino
a Saragozza. Sembra che oggi le
anfore ritrovate a Saragozza si possano identificare come Dr 6A, che come
cronologia coincidono con il deposito.
Naturalmente in Spagna non mancano contenitori oleari italici che
testimoniano contatti molto antichi con l'Italia. Questi contatti contribuirono
allo sviluppo di una produzione di contenitori vinari Pascual 1 e Dr 2-4
sulla costa catalana, come a Tivissa le cui manifatture operavano gia'
negli ultimi decenni prima della nostra era.
Evidentemente le importazioni di ceramiche,
lucerne ed anfore italiche, aveva stimolato
le produzioni locali. Un altro
tipo di importazioni presenti nella Val dell'Ebro sono le anfore a garum,
giunte dalla zona di Cadice. Questi
contatti fra le penisole e i contatti interni fra le varie zone spagnole
fanno pensare che il deposito veronese fosse stato creato da mercanti,
di cui una parte operava in Spagna e un'altra era responsabile dei contatti
con l'Italia. La posizione geografica della Valle dell'Ebro favoriva la
distribuzione sulle strade che passavano lungo il fiume.
Le zone allo sbocco dell'Ebro, la costa marina e lo sviluppo dell'agricoltura
favorirono la sostituzione della merce importata con le Dr1 dall'Italia,
l'esportazione di anfore vinarie layetane Pascual 1 e lo sviluppo delle
imitazioni delle Dr 2-4. Ad ogni
modo la maggior parte delle anfore a garum proveniva sempre dalla Betica,
pur se le produzioni locali di anfore del tipo ampuritano possono suggerire
persino delle produzioni catalane. Nel primo periodo dei contatti con
l'Italia repubblicana, con la Campania, il Lazio e l'Etruria, le anfore
esportate verso la Spagna vengono ritrovate nei naufragi avvenuti lungo
le coste narbonesi. Presso le coste sono state individuate centotre navi
naufragate del I e II sec. a.C.
I carichi di queste navi erano per la maggior parte italici. La
distribuzione del vino italico aveva luogo lungo la Valle del Rodano e
del Reno, ove vengono ritrovati contenitori Dr 1. Ve ne sono anche in
Britannia ove probabilmente erano arrivati da Narbonne via Bordeaux. Il
naufragio, detto del Cavaliere, del periodo tardo repubblicano e' un buon
esempio della composizione dei carichi di quell'epoca; contenitori punici,
campani Dr 1 A e C, apuli Lamboglia 2. Naufragato lungo le coste liguri
era diretto probabilmente a Marsiglia, ma non si puo' escludere che fosse
diretto verso la Spagna. Possono provarlo i naufragi presso le coste spagnole
che presentano anfore Lamboglia 2 e apule come quelli per esempio presso
Punta de Algas presso Cartagena, di Sa Nau Perdua presso Gerona o quello
di Colonia San Jordi presso Maiorca. Ultimamente abbiamo visto Lamboglia
2 e Dr 1 nel Museo di Cadice,
recuperate nella parte dell’ isola che si apre sull’ Atlantico, La Caleta.
Questo ultimo ritrovamento indica che nel periodo repubblicano oltre al
percorso lungo le coste francesi, ci si serviva anche della via verso
le Baleari. Generalmente le navi del II-I sec.a.C. portavano anfore Lamboglia
2 e quelle del I sec.a.C le Dr 1B della Campania, come dimostrano i naufragi
di Albenga, di Dramont A, di Planier 3, di Mandrague de Giens. Le navi
naufragate trasportavano di solito carichi misti, composti di prodotti
di varie zone mediterranee. La
nave naufragata a Port-Vendres II oltre alle anfore betiche del periodo
augusteo portava anche ceramiche aretine, che per ragioni di mercato dovevano
essere distribuite in Francia. Per il periodo tardo repubblicano caratteristica
e' la piccola nave detta Cavaliere con una stazza di trenta tonnellate,
che sicuramente doveva approdare spesso. Questo fatto favoriva lo scambio
della merce ed il variare dei carichi lungo il percorso. Un'altra piccola
nave era la Chretienne della I meta' del II sec. a.C. Uno dei percorsi
piu' antichi era quello che dall'Italia del Sud, lungo le coste
dell'Africa settentrionale, giungeva fino alla
penisola iberica. Le importazioni
delle anfore vinarie soprattutto dall'Italia influirono non solo sulla
produzione catalana, ma anche sulla produzione vinaria andalusa. Il trasporto
diretto via Baleari permetteva la distribuzione dei contenitori dalla
costa di levante spagnola verso la Betica e verso la Catalogna . Questo
sviluppo porto' nel I sec.d.C. all'esportazione di vini propri catalani
oppure all'aggiunta di vini andalusi all'esportazione del garum.Le ceramiche
portate in occasione dei trasporti di anfore mostrano la presenza, accanto
alle aretine o campane, di ceramiche della Val Padana, trasportate in
Spagna. Pur non essendo molte sono tuttavia una prova interessante dei
contatti. Si deve inoltre dire che le ceramiche spagnole, prodotte ad
Andujar e a Granada, risentivano dell'influenza delle ceramiche padane,
segnate con tre nomi come la terra sigillata ispanica.
A Saragozza si sono ritrovate matrici della tipica ceramica norditalica,
tipo Aco e Sarius. E' un fatto che puo' essere importante per seguire
i rapporti fra il Veneto e la Spagna dato il legame che corre fra i depositi
di Saragozza e di Verona. Ne risulta che il rapporto fra le due zone doveva
essere permanente. Dall'altra parte abbiamo anche ritrovamenti di ceramiche
spagnole betiche a pareti sottili nell'Italia centrale, in Sardegna, in
Bretagna e nella Gallia meridionale. Come detto da M.A. Mezquiriz, la
ceramica non e' un elemento economico, ma un documento molto importante
di economia. Abbiamo visto come la ceramica viaggiasse normalmente insieme
alle anfore a bordo delle navi. Per essere portata a bordo la ceramica
nord-italica doveva raggiungere o il mar Tirreno o il mare Adriatico.
Facilitavano il trasporto anche le strade; probabilmente un punto dei
contatti del commercio italico, gallico e spagnolo, doveva essere Narbonne.
Il tratto fra Lione e Bordeaux permetteva le distribuzioni.
Le ceramiche a pareti fini del periodo repubblicano e augusteo,
ritrovate anche in Betica, indicano la presenza di contatti con la Liguria
e la regione Cosana. Le ceramiche
italiche arrivavano fino a Conimbriga. Dall'altra parte le produzioni
spagnole di ceramiche a pareti sottili nel periodo claudio erano esportate
fino alla Britannia. La terra sigillata hispanica arrivava fino a Ostia,
magari accompagnando anfore anch'esse prodotte in Betica. Le ceramiche
hispaniche venivano distribuite pure via Rodano e cosi'arrivavano fino
a Vindonissa e attraverso la Valle della Garonna fino a Bordeaux. E qui
arrivavano pure le anfore portate dalla Campania per ritrovarsi poi in
Britannia via Erserune, Aude, Garonne e via fiume a Isla a Saint-Medard-de
Mussidon e via mare fino a Richborough.
L'esportazione betica era possibile soprattutto per la favorevole
situazione delle condizioni naturali. Il trasporto era facilitato
prima di tutto dal lungo e comodo percorso del fiume Betis. Il
fiume era navigabile fino a Cordoba e Hispalis, che si trova a cento chilo
metri dalla foce.Le navi arrivavano a nord di Siviglia; secondo Strabone
si arrivava a Cordoba in barca come dimostra nel suo libro G.Chic Garcia
nel 1990(vedasi bibliografia). Interessanti osservazioni sul fiume troviamo
nel libro di J.Martin Ribes del 1984. Pero’ le prime
preziose osservazioni sul fiume e la storia del territorio provengono
da G.E.Bonsor fatte all’ inizio del nostro secolo e pubblicate nel 1931
che finoggi porta notizie interessanti.
Non era questo l'unico fiume navigabile della penisola. Un altro
fiume importante della Lusitania era il Tago. I fiumi favorivano gli insediamenti,
le produzioni agricole e fittili, la nascita di porti e i trasporti all'interno
del paese. Per il trasporto esterno,
la lunga costa, con luoghi di produzione come Cadice, era aperta verso
Ostia. Secondo l'interpretazione degli antichi, questo tratto di mare
si poteva percorrere in una settimana. J.M.Leon ha raccolto le fonti storiche
su questo tema nel suo libro del 1998.Tenendo conto di queste informazioni
vediamo che anche d'estate non era un viaggio troppo lungo per la merce
contenuta nelle anfore di ceramica di grande spessore.Sembra che anche
per il trasporto interno non ci volesse molto tempo data la presenza di
strade che univano l'alta Andalusia con il grande porto di Cartagena,
aperto verso l'Italia. Nei tempi precedenti infatti le coste di Cartagena
erano state punto di arrivo delle navi che, nel III sec.a.C., trasportavano
contenitori greco-italici che poi venivano inviati verso la Catalogna.
Si e' propensi a dare una cronologia molto antica a questo percorso
diretto dal Sud d'Italia alle Baleari, fino alle coste di Cartagena.
Questa via marittima era frequentata dai navigatori punici e greci
che partivano dall'oriente e via Sicilia, Sardegna e Baleari giungevano
nel levante spagnolo. Per il ritorno seguivano le coste nordafricane dati
i venti e le correnti favorevoli. Il percorso via Baleari e' confermato
anzitutto dai numerosi ritrovamenti a Ibiza, che provano contatti con
l'Italia almeno dal II sec. a.C. E cosi' le navi, navigando lungo le coste
catalane, arrivavano ad Emporion e Rhode, dove la merce italica veniva
distribuita nel golfo di Rosas, che possiede condizioni di navigazione
favorevoli. Nel II sec. a.C. si apre un nuovo percorso dalla Catalogna
verso l'Italia tirrenica, pur continuando ad essere usata la rotta precedente
via Baleari. Questo nuovo percorso dal golfo di Rosas verso la costa francese
e la foce del Rodano, era favorito dai venti ed apriva una rotta via mare
fra la costa tirrenica italiana con Luni, con la catalana, con Ampurias.
Questi contatti sono testimoniati dai ritrovamenti, presso Riells
- La Clota, di anfore Dr 1 A e di ceramica campana. La rotta lungo le
coste francesi dava la possibilita' di completare i carichi. Il traffico
su questa via fece aumentare il ruolo della Catalogna che da acquirente
divenne anche produttore e trasportatore. Verso la fine del I sec. A.C.
comincia lo sviluppo anche dell'Andalusia, sia per quanto riguarda le produzioni di vino, di
salse e conserve di pesce; inizia anche l'oleocultura. Qui e' evidente
il ruolo di distributore della merce betica esportata perfino sul limes
germanico. Anche se i quantitativi di prodotti vinari betici non sono
grandi, essi sono presenti accanto alle specialita' di pesce nei mercati
di Ostia e di Roma, come dimostra il ritrovamento della Longarina.
Parallelamente con lo sviluppo dei contatti betici con l'Italia,
questi si sviluppano anche in Lusitania cominciando dalle importazioni
di anfore Dr 1 A e B (ritrovate per esempio a Mertola).
Sembra che le navi viaggiassero sia lungo le coste francesi, sia
via Baleari e stretto di Bonifacio, per arrivare dal e al centro d'Italia. Quest'ultimo doveva essere un percorso naturale
per giungere sulle coste adriatiche e fino ad Aquileia. Il percorso dall'Andalusia,
lungo la Catalogna, le coste francesi, le coste italiche sul Tirreno,
era molto piu' lungo per raggiungere l'Alto Adriatico. Sappiamo che le
navi che passavano presso la Corsica non erano grandi e. come la Sud Lavezzi
2, che portava 300 anfore, avevano un tonnellaggio calcolato intorno alle
venti tonnellate; le navi piu' grandi erano calcolate di circa quaranta
tonnellate. La Sud Lavezzi 2 portava
un carico di anfore per tutti i tipi di alimentari spagnoli come altre
navi ritrovate presso la Corsica, la Lavezzi 1 e la Sud Perduto 2. L'esame
di depositi germanici, ostiensi, veronese e dei naufragi dimostra che
nel periodo augusteo si esportavano dalla Betica soprattutto anfore a
garum, poi a vino e poche anfore olearie. Queste ultime cominciano ad
essere piu' numerose nel secondo quarto del I sec. d.C. Le anfore spagnole
Haltern 70, Dr 38/39, Dr 14 sono note anche dai ritrovamenti subacquei
presso le coste dell'Etruria meridionale e di Civitavecchia, le Dr 14
presso Santa Marinella e le Dr 7-11 presso Torre Valdeliga e Gravisca.
Le Dr 20 erano presenti nei ritrovamenti subacquei presso Ladispoli, Santa
S evera e Civitavecchia insieme con anfore per garum.
Ricordiamo che nel naufragio detto Diano Marina presso la costa
ligure oltre alle Dr 2-4 della Taraconensis era stata ritrovata una Dr
7-11 che puo' essere Dr 8 ampuritana. Dato che questa anfora per garum porta il graffito
ANTHE , la si puo' unire alle anfore prodotte nella Catalogna. Il fatto
che questa nave portasse molte dolia suggerisce che almeno una parte della
merce poteva essere divisa in contenitori minori nei luoghi di destinazione
o di trasbordo. Probabilmente questo carico della Diano Marina era destinato
a proseguire il viaggio lungo le coste tirreniche, forse fino a Roma.
Questo ritrovamento del I sec.d.C. conferma l'uso della via lungo le coste
francesi. Comunque non si puo' escludere che una parte delle navi scaricasse
parte delle anfore nei porti liguri da dove venivano poi distribuite via
terra, come sembrano dimostrare le anfore betiche ritrovate in Liguria
e specialmente sulla via Postumia. Le numerose scoperte nell'Italia del
Nord di anfore riconosciute come Dr 6A e 6B e di cui e' stato stabilito
il contenuto, hanno permesso di vedere la presenza dei contenitori spagnoli
come un'aggiunta per quanto riguardava la produzione di vino, di olio
e forse del garum regionale. Il
Veneto che dal II sec. a.C. aveva una produzione di vino e poi di olio,
specialmente istriano, non aveva bisogno d'importare i cibi necessari
per vivere. Le anfore Dr 2-4 da vino non sono molto numerose nella zona
adriatica, e specialmente le imitazioni provinciali sono rare; lo dimostrano
i depositi di Verona e di Altino. Una certa quantita' di questi contenitori
e' invece presente ad Aquileia e, in numerosi frammenti, differenti fra
di loro, nella laguna veneta. Sembra che nella zona cominciassero allora
a prevalere sia la produzione locale sia quella di Forlimpopoli, di anfore
piccole a fondo piatto presenti in molti ritrovamenti nel Veneto (vedi
il nostro testo nel progetto Raffaello in spagnolo sul commercio fra Betica e Alto
Adriatico). Abbiamo visto pochissime
anfore betiche per vino nei ritrovamenti del delta del Po; forse erano
in transito ed erano destinate al Norico o in Pannonia ove sono presenti
in quantita' discrete. E' invece difficile dire che la presenza dei contenitori
per garum spagnoli fosse dovuta alla mancanza di prodotto locale. Ancor
oggi le coste venete sono ricche di pesci. La ragione doveva essere diversa
e forse dovuta dalla cosmopoliticita’ delle citta' ai tempi augustei.
Naturalmente non e' possibile dimostrare la presenza di un certo gusto
e di un certo snobismo. Riteniamo che le anfore per garum spagnole fossero
importate appositamente e non fossero di passaggio. Nei grandi insediamenti
come Luni o Settefinestre sono presenti diversi contenitori spagnoli,
specialmente betici ma anche gallici e italici. Evidentemente la varieta'
delle importazioni non era dovuta alla mancanza di prodotti, ma dal desiderio
di avere merci diverse. Forse il commercio, iniziato con la Spagna
e poi con la Francia, facilitava la varieta' delle merci in una localita'.
Nel Veneto non si richiedeva olio betico; lo dimo- stra il fatto che le
anfore olearie globulari sono in pratica presenti soltanto ad Aquileia
ed erano destinate all'esportazione. Le ritroviamo lungo tutta la costa
dalmata dove pero' non risultano anfore a garum spagnole. Una simile distribuzione
di pochi esemplari, distributi su una vasta zona, e' presentata anche
dai ritrovamenti in Daunia; vi sono pochi contenitori betici per vino
ed anche per garum ritrovati a Lucera, Arpi e Barletta. La differenza
con il Veneto e' che qui e' stato ritrovato, precisamente a Canossa, un
solo esemplare di anfora tarda Almagro 50 . Questa regione d'Italia dove
transitavano le navi dirette verso l'Alto Adriatico, non sembra essere
l'obiettivo delle importazioni. Le navi che portavano la merce destinata
ad Aquileia, probabilmente attraversavano lo stretto di Sicilia per poi
girare verso il Nord. Qui ricordiamo i ritrovamenti di anfore spagnole
presso Lipari. I ritrovamenti, come la Lavezzi 1, di merci che provenivano
dalla Penisola Iberica attraverso lo stretto di Bonifacio a sud della
Corsica,presentano pero' un carico di Dr 38, che ritroviamo sia nel Veneto
sia ad Aquileia. La rotta a Sud della Corsica doveva essere molto frequentata
visto l'alto numero di naufragi ivi scoperti con carichi spagnoli. Varie
anfore spagnole giungevano inoltre nelle zone sud-orientali del Piemonte,
dove passava il Po, e la Postumia, che poteva servire nel caso di trasporto
dalla costa ligure. Sembrano indicarlo le scoperte di Tortona . Particolarmente
nel caso di ritrovamenti di anfore globulari sembra che dal I al III secolo
arrivassero piuttosto dalla costa che attraverso i passi montani, dato
il peso delle anfore Dr 20. Il numero di anfore spagnole ritrovate in
Lombardia sembra inferiore, particolarmente per le anfore a garum a quello
delle anfore ritrovate nel Veneto. In
quantita' assolute naturalmente dominano nel Veneto i contenitori per
vino Lamboglia 2, le Dr 6A e le Dr 6B per olio. Nel II secolo nel Nord
Italia arrivano ancora pochi esemplari di Dr 20 . Rimane sempre valido
il percorso a sud della Corsica che sara' usato anche nel III secolo come
confermano i ritrovamenti di navi che seguivano questa rotta, ma naufragate
vicino a Maiorca, come la Cabrera III e piu' tardi la Cabrera I che trasportavano
anfore lusitane Almagro 50 e 51. Era questa probabilmente la rotta che serviva
per trasportare le anfore tarde lusitane a Palatino. Recenti ricerche
in Andalusia hanno permesso di testimoniare anche in questa zona delle
forme simili e percio’ la continuita’ delle produzioni betiche nella tarda ntichita’(D.Bernal Casasola 1998) . Queste
anfore formano quasi il 10% dei ritrovamenti del IV secolo, accanto alle
importazioni africane e orientali. Incontriamo anfore lusitane importate
pure sulle coste venete.Nel Veneto non abbiamo incontrato tutti i tipi
di anfore spagnole; mancano i contenitori Dr 14, presenti tuttavia in
vari ritrovamenti in Italia, per esempio a Siena, accanto alle Beltran
II B. Generalmente in Umbria nel I sec. d.C. erano
presenti tutte le forme spagnole per vino, per garum e per olio, distribuite
tuttavia fra i vari ritrovamenti dell'Umbria centrale e meridionale. Vi sono segnalazioni della presenza di contenitori
per salse di pesce Beltran II lungo la costa amalfitana, nella Campania
centrale. In Campania sono presenti
inoltre contenitori tardo antichi Almagro 51c giunti dalla penisola Iberica
nel IV secolo circa. La maggiore
varieta' di anfore betiche e tarraconensi si riscontra invece presso la
costa tirrenica, all'altezza di Pisa; vi sono presenti Beltran IIA, Dr
7-11, Haltern 70, Dr 20 e Dr 2-4 . Questa varieta' e' una prova dell'intensita'
delle rotte lungo le coste
tirreniche verso Ostia. Si deve inoltre vedere
la caratteristica dei ritrovamenti tardo antichi di contenitori per garum
a Roma, in Campania, in Puglia e poi lungo la costa veneta.Tutto questo
traffico mercantile era strettamente collegato con la produzione, anche
italica, di generi alimentari, che stava attraversando vari periodi di
fioritura. Il numero e la varieta'dei ritrovamenti di Ostia lo dimostrano
meglio di tutto. Il deposito di
Longarina da' un'idea delle anfore betiche e tarragonensi esportate nel
periodo augusteo. La datazione stratigrafica delle Terme del Nuotatore
di Ostia mostra la presenza, nell'epoca flavia, di contenitori vari Dr
7-13, 14 e poche Beltran II A e II B e l'inizio delle importazioni delle
Dr 20 che a Longarina presentano ancora una forma arcaica. Negli strati
traianeo-adrianei sono presenti le Dr 2-4 prodotte in Spagna e le nuove
Dr 20; le Dr 7-13 sono sostituite dalle Beltran IIA e IIB ed e' presente
anche la forma Dr 14 che sembra essere in parte lusitana.
Le anfore spagnole naturalmente appaiono accanto ad altri prodotti
in diverse proporzioni. Nel periodo antonino comincia a manifestarsi una
crescente presenza dei contenitori spagnoli. Negli ultimi decenni del
II sec.d.C. aumenta il numero delle anfore Dr 14. Dr 38/39, Beltran II
B e Dr 20 accanto alle poche prodotte nell'Africa settentrionale e galliche.
Gli inizi del III secolo sono caratterizzati dalla diminuzione delle presenze
spagnole mentre si mantengono soprattutto quelle delle anfore olearie.
Nel secondo quarto del secolo appaiono i contenitori Almagro 50. Alla
fine del III secolo a Ostia dominano gia' le produzioni africane con una
minima presenza delle Dr 20 e 23, che successivamente spariscono.
Nel IV secolo sono gia' presenti i grandi contenitori a spatheia
africani. Interessante e' il confronto di J.A. Riley delle importazioni
spagnole di Ostia con quelle di Berenice in Libia.
A Roma le scoperte del Palatino, della Cripta Balbi e nella via
Sacra rilevano che nella seconda meta' del I secolo e l'inizio del II
sec. d.C. erano gia' presenti almeno dieci tipi di contenitori spagnoli
per garum, olio e vino. La loro partecipazione percentuale e' abbastanza
alta se confrontata con quella dei contenitori gallici e africani importati.
E' questa un'ulteriore conferma che fu quello il periodo migliore per
l'esportazione spagnola. Pur se i dati statistici si basano sullo stadio
dei riconoscimenti delle forme, permettono ugualmente di rendersi conto
delle dimensioni delle importazioni.
I dati, anche se approssimativi, consentono di completare le carte,
i grafici e le informazioni concernenti il mercato antico.Naturalmente
le dimensioni maggiori si manifestano nella capitale nel
suo porto. La quantita'
di contenitori accumulatisi nel corso di due secoli a Monte Testaccio
lascia presumere un'importazione nella capitale di alcuni milioni di tonnellate
di olio spagnolo. Calcoli approssimativi hanno dimostrato che per il milione
circa di abitanti della capitale, l'importazione di trecentomila anfore
all'anno porta ad un consumo pro capite di piu' di venti litri di olio
spagnolo solo a Roma e dintorni. Non possiamo confrontare questi dati
in nessun altro posto, ma rendendoci conto del consumo romano dobbiamo
aver presente che le anfore venivano distribuite in tutto l'impero e che
cio' da' un'idea delle dimensioni della produzione betica e del trasporto.
Questi studi, appoggiati dall'epigrafia, possono dare un quadro dell'organizzazione
della produzione e del mercato.I dati quantitativi delle presenze di tutti
i tipi di anfore spagnole nell'epoca flavia, adrianea e antonina, mostrano
un calo di ben quattro volte dei contenitori importati dalla Spagna nell'eta'
tardo severiana e nel secolo successivo.
Nel periodo della massima importazione i contenitori spagnoli erano
quasi tanti quanto quelli italici e gallici. Nel periodo antonino predominavano
evidentemente sugli altri contenitori importati ad Ostia. La produzione
dei contenitori betici da olio si manifesta anche dopo il 260 d.C. ed
ha la sua massima presenza ad Ostia nel periodo adrianeo e antonino. Il Monte Testaccio dimostra la loro presenza anche dopo questa data.
A Settefinestre, nella Toscana settentrionale, sono presenti vari contenitori
spagnoli - Haltern 70, Dr 2-4 catalane - assieme a contenitori per garum
Dr 7-11, 14, 17, Beltran IIA e IIB e Dr 20 da olio . Si vede che la gamma
e' piu' vasta di quella del Veneto anche se mancano le Dr 13, del resto
generalmente poco numerose. A Settefinestre sono presenti tutte le forme
spagnole del periodo traianeo pur se sembrano prevalere quelle olearie.
Nel periodo antonino non si incontrano anfore
spagnole per vino mentre la presenza delle Beltran IIB e' a sfavore delle
anfore olearie. Nel periodo successivo vediamo la presenza delle Pelichet
46 (Beltran IIA,Dr 38); cio' significa che il tipo perduro' a lungo nel
tempo dato che queste anfore sono presenti in molte varianti a Pompei
prima che a Settefinestre. La
diminuzione delle presenze di contenitori spagnoli nel tardo romano e'
dimostrata dalla presenza di contenitori Almagro 50 per un solo 10% di
tutti i ritrovamenti. Nel Veneto la situazione non e' molto diversa pero'
risulta assente il contenitore Dr 14 betico e ve ne e' solo uno lusitano;
le anfore di questo tipo sono presenti in Italia in vari depositi specialmente
nel II sec. d.C. Ricordamo che neanche le Dr 17 sono presenti nel Veneto,
mentre lo sono in altri depositi, per esempio a Settefinestre . Le nuove
identificazioni tuttavia non permettono di continuare a supporre un'assenza
dei contenitori tardo romani, presenti anche sulle coste venete.. Il fatto
che le anfore betiche olearie siano presenti nel Veneto in pochissimi
esemplari non risulta senza dubbio dalle difficolta' di trasporto. Troviamo
anfore globulari betiche distribuite persino in Britannia. Potevano essere giunte sulle coste venete attraverso
varie vie, compresa la piu' breve, la via che passava per la Sicilia e
si dirigeva verso il nord della Penisola. Si puo' solo ipotizzare che
le navi, al ritorno da Aquileia, lasciassero una parte del carico lungo
le coste dalmate, ove sono presenti anfore olearie spagnole, e poi con il resto del carico, forse completato con
altra merce, proseguissero fino al levante asiatico, dove sono state ritrovate
anfore spagnole del II sec. d.C. Le
anfore spagnole ritrovate a Cesarea in Israele presentano forme diverse
e si trovano accanto a contenitori italici ed egei, il che puo' suggerire
che il carico misto fosse usuale.Negli ultimi anni la missione polacca a Palmira nel cuore della Siria ha scoperto una anfora Almagro
50 bollata CURIVUNTI tipo di bollo conosciuto
delle manifatture lusitane e conosciute di Conimbriga. ??? Forse una parte dei contenitori spagnoli poteva
arrivare in oriente attraverso la rotta piu' antica, quella lungo le coste
africane, nondimeno le soste presso la penisola italica davano in quell'epoca
maggiori possibilita' mercantili. Gia' dall'epoca augustea le vie terresti
e marittime offrivano ogni possibilita' di commercio. In quell'epoca furono
costruite anche in Betica nuove strade che univano il Guadalquivir con
Cadice, Cordova e la costa; altre strade furono costruite ai tempi di
Nerone e di Vespasiano. La navigabilita'
dell'antico Betis fin quasi a Castulo, era aiutata dagli affluenti, quali
il Singilis usato fino ad Astigi, grande centro della produzione di anfore;
l'Anas era percorso dalle navi di medio tonnellaggio.
Molti erano i percorsi per le barche, per esempio quello fra Cordoba
e Castulo. Le dighe ed i consolidamenti delle rive mantenevano il Betis
navigabile. I boschi della Sierra
Morena davano il legno per le costruzioni navali, che proprio da Cadice
partivano verso Ostia. I prodotti
venivano imbarcati nei porti fluviali di Cordova, Hispalis, Astigi e molti
altri noti dall'epigrafia anforica, ma che oggi non sono ben loclizzati.
Fra i porti marittimi i piu' importanti erano quelli di Gades, di Portus
vicino a Cadice, oggi detto Puerto de Santa Maria, Lacca sul Barbate,
Sul, probabilmente Suel, e Malaca, Malaga.
Per arrivarci le barche dovevano navigare sui fiumi collegati con
canali. Fin dai tempi greci il trasporto dall'Andalusia facilitava il
commercio delle varie merci prodotte in questa terra. Le materie prime
e i prodotti dell'agricoltura, attiravano mercanti prima di tutto romani.
L'importazione dei prodotti alimentari betici aveva assunto proporzioni
enormi sin dai tempi di Augusto. Anfore betiche per garum e per olio sono
presenti in numerosi campi reto-germanici di legionari. Sembra che all'inizio
avessero piu' mercato le anfore per garum che dalla fine del I sec. a.C.
sono portate non solo a Saragozza e a Verona, ma anche allo sbocco del
Reno e a Ostia. L' eruzione del Vesuvio seppelli' molte anfore per garum,
gia' presenti a Pompei nella forma classica. Da alcuni nomi comuni alle
anfore per garum e per olio risulta che gli esportatori potevano trattare
ambedue le merci. L'esportazione dei contenitori era connessa con lo sviluppo
della produzione di olive e della lavorazione dei pesci.Ovviamente si
sfruttava la ricchezza di pesce presso le coste andaluse; la preparazione
delle salse avveniva in strutture ove i pesci erano sottoposti al processo
di conservazione e trasformazione . Negli ultimi anni si e' data maggiore
importanza alla viticoltura betica in seguito all'identificazione di anfore
per vino. La produzione piu' antica sembra invece essere quella del garum
che risale ai tempi tartessici; nei tempi repubblicani cresceva il numero
dei centri di produzione, come Cartagena.
La produzione delle varie lavorazioni dei pesci ai tempi imperiali
si estende al Portogallo e comprende anche tutta la zona fra Cadice e
Cartagena.Sulle produzioni delle
anfore nella zona gaditana ultimamente abbiamo la monografia
de E.Garcia Vargas del 1998 e di L.Lagostena Barrios del 1996). Questa attivita' produttiva formo' vari gruppi
di professionisti, responsabili della produzione e del trasporto. Vari
studi storici ed epigrafici sono dedicati alla struttura delle produzioni
e all'organizzazione del trasporto e del commercio betico basati sui nomi
scritti sulle anfore olearie. Sembra che fossero competenze distinte,
qualche volta collegate fra di loro e sottoposte ai controlli fiscali
dello stato. Per quanto riguarda il contenuto i dati ci
vengono spesso dai tituli picti, che comunque non sono frequenti come
i bolli e, nel caso delle anfore per garum sono gli unici dati. Fra le
lavorazioni di pesci le piu' note erano il garum. e la muria La prima
era una salsa di tonno mentre la muria,
doveva essere la marinata di scombro. Generalmente i pesci venivano
prima salati e poi trasformati in salse quali il garum. I vari tipi di
garum erano chiamati anche liquamen o muria. Il prodotto intermedio del
processo di lavorazione si chiamava hallex e probabilmente non era completamente liquido (vedi il nostro testo, con Veronica Di Folco, per il progetto
Raffaello). Questi processi di produzione, come dimostrano le anfore,
duro' fino al III sec.d.C. o addirittura, come a Javea, fino al V secolo. La Betica, privilegiata dalle leggi per naviculares,
continuo' le spedizioni fino all’ insediamento vandalo. Puo' darsi che
anche i Vandali continuassero a trasportare le anfore per garum, prodotte
nel periodo tardo presso le coste lusitane, che ritroviamo nel Veneto. La preparazione del garum non era limitata
solo alla Penisola Iberica, ma era praticata anche nel Marocco e presso
le coste francesi della Bretagna dove la pesca e il ricavo del sale erano
facilitati dalla natura. Tutte
le scoperte di impianti di produzione sono ovviamente collocati presso
le coste, e spesso vi si ritrovano delle anfore. Le salse e le conserve
spagnole erano ricercate anche in Francia, nonostante la produzione bretone,
probabilmente grazie alla fama della loro qualita' e alle dimensioni delle
produzioni spagnole. Condizioni favorevoli per la pesca e la produzione
di sale si avevano pure lungo le coste narbonensi. Manifatture per la
produzione di conserve sono state ritrovate presso Antibes, Frejus, Marsiglia
e Vendres. Alle volte sorprendono le scritte che indicano un contenuto
di muria o liquamen presenti sulle anfore dedicate usualmente al vino,
come le Dr 2-4 di Antibes, ritrovate a Ostia e a Londra. Si tratta forse
di un successivo nuovo uso dei contenitori vinari betici, comunque raro.
Le forme usuali dei contenitori betici per conserve, come le Dr 7-13,
erano imitate a Narbonne, presso il litorale a Sigean, a Sallares d'Aude,
a Velaux. Le imitazioni prendevano
a modello le anfore originarie betiche che entravano dal mare nel Rodano
e proseguivano verso il Nord. Per lungo tempo invece le anfore olearie
italiche, e poi betiche, furono importate in Gallia e si ritrovano negli
insediamenti di Ambrussum e di Heraut, mostrando la cronologia dei primi
tre quarti del I sec. d.C. Nei ritrovamenti di Lione, prevalgono le anfore
betiche olearie,depositate negli anni 60-70 d.C., mentre quelle vinarie
sono in parte gia' galliche. Nel
secolo successivo le produzioni galliche cominciano ad essere sempre piu'
numerose. Nel primo decennio del I secolo invece, nell'altro deposito
lionese in via Favorite, le anfore spagnole e le forme spagnole dominano
su quelle italiche e galliche. Delle 119 anfore ivi ritrovate, quelle
spagnole sono il 60%. Nel deposito di epoca flavia, degli anni 77-90,
in via Farges vi e' invece soltanto il 37% di anfore spagnole, mentre
predomina la presenza di quelle galliche. Nei ritrovamenti del III sec.d.C.
a Lione sono gia' presenti solo anfore spagnole Dr 20 e 23.
Le anfore spagnole giungevano nei porti gallici di Burdeos, Nantes,
Narbonne e Arles per proseguire poi via fiume o via terra per Nantes,
Poitiers,Bourges, oppure via Poitiers-Tours. Gia' nel I sec.a.C. le anfore
catalane Pascual 1 erano esportate fino all’ Aquitania e Burdeos . Importante
era il ruolo di Besancon lungo il percorso verso Lione, l'Italia settentrionale
e la Svizzera. Anche per raggiungere la valle del Reno ci si serviva della
via della Gallia che apriva le strade verso il Nord, per esempio verso
Nimega, dove troviamo anfore olearie betiche del I sec. d.C. Le anfore
vinarie Pascual 1 erano state
distribuite al Nord gia' nel secolo precedente.
Le anfore attraversavano la valle d'Aude e della Garonne, partendo
da Port-le Nautique a Narbonne, dove sono state ritrovate. Numerose anfore
catalane giungevano inoltre a Bordeaux via mare, ed erano dirette in Britannia
e in Bretagna.Un'altra distribuzione avveniva lungo la valle del Rodano.
Non tutte le anfore spagnole avevano pero' mercato in Francia perche'nel
I sec.d.C. sono poche quelle a Bordeaux, essendo per lo piu' esportate
in Italia. Parallelamente il trasporto avveniva lungo le coste francesi
o passava lo stretto di Bonifacio a sud della Corsica. In Gallia arrivavano
anche le anfore vinarie betiche, ma in numero limitato. Qualche volta
portavano il defrutum, cioe'vini cotti con le olive. Il carico di Port-Vendres
ne aveva a bordo insieme alle anfore per garum. All'inizio della nostra
Era inoltre le anfore vinarie betiche giungevano perfino ai campi dei
legionari renani, per esempio a Vindonissa e a Weisnau presso Magonza.
La Tour Saint-Marie, naufragata presso Capo Corsica,portava un carico
di ben centoottantadue anfore. Grandi
quantita' di contenitori spagnoli sono rinvenute alla foce del Rodano
e nel Golfo di Fos. Anfore Dr 9-10, imitazione delle anfore spagnole,
erano prodotte nel lionese malgrado l'alto numero di contenitori per garum
originali, importati a Narbonne,ritrovati fra l'altro a Fos-sur-Mer, Marsiglia.
Altri naufragi con carichi spagnoli, avvenuti presso Capo di Corsica,
Tour Saint-Marie, le Bocche di Bonifacio o a Sud Perduto II, portavano
anfore verso l'Italia probabilmente direttamente dalla Penisola Iberica.
I ritrovamenti betici in Francia sono dispersi fra Bordeaux, Angers, Gard,
Lione. E sempre le anfore per garum sono insieme ad anfore spagnole per
olio, che all' apogeo della produzione erano fabbricate nelle circa settanta
manifatture sul Guadalquivir. La maggiore concentrazione di ritrovamenti
si ha a Lione, data la sua posizione sul Rodano. La predominanza delle
Dr 20 si osserva pero' frammezzo le anfore spagnole per garum trasportate
persino in Inghilterra. Le anfore che usualmente servivano per le salse
di pesce alle volte riserbano delle sorprese per quanto riguarda il contenuto:
le Beltran IIB, ritrovate nel porto di Marsiglia, contenevano olive. Ricordiamo
il caso delle vinarie d'Antibes usate per le salse. In questo caso e'
difficile pensare ad un nuovo uso dopo che avevano contenuto del pesce.
Nel periodo tardo romano le esportazioni betiche si limitano alle Dr 20
e Dr 23, trasportate lungo le vie tradizionali fino al limes germanico.
Le anfore per garum sono sostituite dalle Almagro 50 e 51 del Portogallo;
sono ritrovate lungo le coste francesi a Port-Vendres, a Marsiglia, a
St.Raphael e a S.Tropez ed erano trasportate insieme con contenitori africani
che cominciano a dominare i mercati. Le anfore portoghesi a garum sono
presenti pure a Lione, ma sara' necessario ancora del tempo per poter
conoscere la loro distribuzione. Nel periodo tardo la Spagna produceva
ancora, pur se in proporzioni minori, le salse di pesce, la cui produzione
tarda e' testimoniata presso la costa di Cartagena dove continua inoltre
la produzione di anfore speciali. Nondimeno anche la Gallia e' presente
con le sue anfore in Italia. Ci interessa il ruolo del trasporto
dalla Gallia dalla tarda repubblica. Le merci passavano per la
Valle del Rodano, fino al Reno via Saona, Doubs pure attraverso la Loira
e la Saona. Se abbiamo presente che il trasporto via terra era piu' costoso
di quello fluviale, vediamo subito il ruolo dei territori francesi per
i trasporti destinati all'Inghilterra. Lo dimostrano in parte i pochi
ritrovamenti di anfore a Bordeaux, da dove potevano proseguire via mare.
In Normandia erano pero' gia' presenti le Pascual 1 ed alcuni esemplari
delle Dr 7 - 13 e 20.I ritrovamenti di Dr 20 sono piu' concentrati presso
la Manica ed indicano lo scopo del viaggio. Alcune Dr 7 - 13 ritrovate
presentano i tituli picti, che indicano la loro capacita' ed il loro contenuto.
Ai pochi contenitori spagnoli si possono aggiungere probabilmente i frammenti
di Beltran IIB. Prima della romanizzazione
in quella zona giungevano anche le Dr 1 e sembra che i primi arrivi betici
siano del periodo augusteo. A Vieux si hanno ritrovamenti di anfore per
garum ed olio, ma in gran parta si tratta di ritrovamenti singoli. Una
simile visione generale delle importazioni spagnole si ha in base alle
presenze di Pascual 1, Haltern 70, Dr 7-11 e 20 nella regione occidentale
della Francia, ad Angres, fra Armoricana e valle della Loira. Le anfore
spagnole sono molte di meno delle galliche a fondo piatto.
In Britannia si sono riconosciuti vari frammenti di Beltran I,
di Dr 13 e 14 e molti frammenti di Dr 20;vi si trovano anche le Beltran
II e Pompei VII. I contenitori catalani per vino sono circa 300 mentre
quelli betici sono molti di meno e risalgono al periodo augusteo e claudio. Non sappiamo molto sulla possibile presenza delle Almagro 50 e 51,testimoniate
pero' presso le coste francesi; conosciamo
ritrovamenti di questi contenitori ad Arles
e a Marsiglia: costituiscono circa il 15% dei ritrovamenti di anfore,
anche africane e orientali, del V sec.d.C. Dai ritrovamenti spagnoli risulta
che la Gallia era soprattutto la via di transito terrestre e fluviale
verso il Reno e le legioni che vi stazionavano che con il passare del
tempo diventavano piu' numerose. La distribuzione nelle province reto-noriche
e Pannonia partiva da una parte da Aquileia e dall'altra dalla Gallia
Narbonensis. Il Danubio era accessibile dalle due parti, secondo l'altitudine
del percorso. Si osserva una leggera precedenza gallica nei trasporti
verso il Reno dei contenitori augustei per le salse di pesce, che al momento
non risultano ad Aquileia. I ritrovamenti nei campi renano-danubiani hanno
un significato speciale data la il loro limitato intervallo cronologico.
E' un fatto di particolare importanza poiche' normalmente i contenitori,
con una vita di quasi mezzo secolo,sono difficili da datare con precisione.
Il Castro Pretorio dimostra che le anfore che si trovavano nel
deposito andavano dalla fine del II sec.a.C.al I sec.d.C. Le scoperte
delle fornaci in Italia, in Gallia e in Spagna hanno dimostrato che le
stesse fornaci potevano lavorare per lunghi periodi e produrre parallelamente
anfore diverse. In Francia s'incontrano importazioni di vari
prodotti che poi erano distribuiti insieme alle anfore spagnole, Lamboglia
2, Dr 6 e brindisine. La gamma e' grande e viene ancora aumentata dalle
imitazioni delle anfore spagnole, per esempio delle fornaci di Muette
a Lyone. La distribuzione da Lione poteva svolgersi
verso il Reno , attraverso il Lago di Neuchatel e l' Aaar oppure verso
Basilea e il Reno attraverso la Saona e Doubs. Esisteva ancora la possibilita'
di una comunicazione per la Saona verso la Mosella e il Reno,all'altezza
di Coblenza. Questa ultima sembra essere stata la piu' usata grazie alla
facilitazione della comunicazione creata dal canale
Saona - Mosella. Anfore di epoca augustea si trovano a Chalone-sur-Saone,
Besancon, Avanche, Augst, Dangstetten, Titelberg, Rodgen, Neuss, Haltern.
Xanten, Nimegues a nord del Reno. In realta' tutte le forme di anfore
spagnole conosciute a Lione si trovano anche lungo l'arco Rodano-Reno.
Solo le Dr 28 sono un po' problematiche e non sempre ben riconosciute
persino nel Veneto. Le anfore olearie nell'arco Rodano-Reno costituiscono
invece circa il 70% dei ritrovamenti. La proporzione si riferisce alle
circa cento anfore spagnole ritrovate a Rodgen. La partecipazione di anfore
olearie e' simile a Nimegues, Haltern, Dangstetten. A Neuss, dove il deposito
comprende un piu' lungo periodo di tempo, sono presenti maggiori quantita'
di anfore vinarie tarraconensi. Ad Augst, sul Reno, dove gli studi di
anfore olearie sono piu' completi, esse costituiscono il 60% dei contenitori
spagnoli presenti.Nonostante questa proporzione in quel periodo le anfore
per vino spagnole come quelle per garum hanno anche una percentuale significante.
Tutto il I e il II secolo d.C. furono a favore delle anfore a garum e
a olio. Lungo la via commerciale fra la Spagna e le province renano-danubiane
la presenza dei contenitori spagnoli fu rilevante i tutti i secoli. Non
si puo' escludere che solo le anfore vinarie fossero sostituite da barili,
nondimeno continuano ad essere presenti. Dai calcoli approssimativi fatti
per Nimegues risulta che per trenta anni furono forniti carichi di cinque
navi di medio carico con sole anfore a olio. Date queste dimensioni del
consumo diviene facile spiegarsi le imitazioni dei contenitori betici
presso Lione; essi potevano
servire per per i prodotti locali oppure per
la ridistribuzione delle merci che arrivavano in dolia. I contenitori
spagnoli venivano ridistribuiti fra la Germania, la Retia, il Norico e
la Pannonia;, per quest'ultima particolarmente importante era il ruolo
di Aquileia che si puo' dimostrare anche con la presenza nel Veneto ed
in Pannonia di anfore Dr 8 similis, forse prodotte nella costa valenzana.
Queste anfore speciali sono ritrovate in quasi tutti i depositi della
Val Padana, ad Emona e a Poetovio,ove sono piu' numerose. Una delle iscrizioni
su un'anfora di Poetovio indica che era destinata al garum . In Pannonia
ci sono anche Dr 8, Pompei VII e Dr 38 sono a Carnuntum e le Dr 20 a Poetovio
e a Savaria dove probabilmente erano giunte via Aquileia. Anche a Magdalensberg
ci sono anfore spagnole ed una di Emona presenta lo stesso bollo delle
Dr 8. E' un'altra documentazione delle vie di contatto. Non possiamo purtroppo
dire molto sui contenitori tardo romani trovati ad Aquileia. Sappiamo
che nel IV e V sec.d.C. vi erano presenti contenitori spagnoli, africani
e orientali Late Roman. Non e' una cosa strana poiche', come abbiamo
detto, le Almagro 50 e 51 sono presenti sulla costa veneta. Esistevano
tuttavia per tutto il tempo contatti con Lubiana ed Emona, come confermano
i vari ritrovamenti ceramici . La via dell'ambra andava da Poetovio verso
Scarabantia, Vindobona e Carnutum sul Danubio. Sono stati confermati contatti
con Vetus Salina e Aquincum. Le
anfore olearie ritrovate in Pannonia sembrano essere prevalentemente del
II sec.d.C. Come abbiamo pero' visto per il Veneto, neppure in
Pannonia le anfore olearie spagnole sono numerose se confrontate
con le Dr 6A e 6B, che predominano desamente nel I secolo. Le proporzioni
fra anfore norditaliche e spagnole sono approssimativamente di cinque
a uno. Ad Aquileia stupisce la prevalenza delle Dr 38/39 e delle Dr 14,
trattate insieme; ritroviamo le Dr 38 anche in alcuni luoghi della Pannonia,
a Poetovio, Salla, Savaria ed Aquincum e la loro presenza e' spiegata
dal distributore, cioe' Aquileia. Non abbiamo invece notato le Dr 14 fra
i ritrovamenti pannonici e forse bisogna pensare ad una destinazione alla
lontana Scitia via Danubio.Nel 1999 P.Dyczek dell’ Universita’ di Varsavia
ha presentato la monografia sulle anfore romane della Maesia ,dalla quale
risulta la presenza piu’ grande di quella un tempocreduta delle varie
anfore iberiche sia olearie come per garum (vedi bibliografia).
I territori renani, alimentati dal Rodano,mostrano invece,in gran
parte, la presenza di numerosi contenitori spagnoli, come, per esempio,ad
Augst. Sono numerosi anche nei campi dei legionari a Vindonissa, Oberaden
e Haltern. Poiche' questi campi sono del periodo augusteo, vi troviamo
presenti anche contenitori Haltern 70 e,
in maggior numero, Dr 7-11, che sembrano piuttosto Beltran I a,b,
(oppure Dr 7-8, Haltern 69 e Oberaden 80/81); le Dr 38 sono state notate
solo a Vindonissa. Le Dr 20 sono presenti invece in tutti i campi come
Haltern. Sembra che si possano
individuare anche le Dr 9 presenti a Vindonissa e a Rodgen; non sappiamo
tuttavia se sono betiche o narbonensi. I ritrovamenti, gia' ricordati,
di anfore spagnole in Inghilterra, mostrano la presenza a Camoludunum
di Haltern 70, Dr 7-8 e Dr 20; questi ritrovamenti possono essere confrontati
con i reperti di Nimega, Haltern o con quelli della Normandia gia' menzionati.
Non possiamo invece sapere quante fra le Dr 2-4 presenti in tutti i campi
di legionari possano provenire dalla Catalogna. E. Ettlinger aveva gia'
notato la rarita' delle Dr 12 nei campi del nord-Europa, e noi possiamo
aggiungere che erano rare anche nel Veneto (tranne l'esemplare nell'insieme
di Verona e quello frammentario di Altino). Nel caso di Oberaden e di
Haltern le forme descritte come Dr 7 sono riferibili alle Beltran I b
e Dr 7, cioe' le anfore presenti nell'insieme di Verona. Ne possiamo dedurre
che la datazione augustea si riferisce anche alle Haltern 70 e ad alcune
Dr 2-4 a fondo piatto, presenti in quegli insiemi. Invece per le Dr 38
e per parte delle Dr 20 sembra piu' possibile un arrivo successivo, magari
della meta' del I sec.d.C. Possiamo invece confrontare alcune forme delle
olearie di Oberaden e Haltern con le forme del periodo augusteo presenti
a Longarina di Ostia. In Britannia la maggioranza delle olearie betiche
e' del II e III sec.d.C. e proviene da trentatre ritrovamenti.
A Gloucester le anfore Dr 7-11 sono il 30 % del totale dei ritrovamenti
anforici della I meta' del II sec.d.C. Nondimeno le anfore olearie sembrano
essere in Inghilterra le piu' numerose per tutti i tre secoli. I ritrovamenti
con un maggior numero di anfore globularie spagnole si sono avuti, dopo
Monte Testaccio, nel campo di Augusta Raurica (Augst e Kaiseraugst in
Svizzera). Vi sono stati contati circa duecentomila contenitori. Le importazioni
tarde di questi contenitori spagnoli sono inoltre testimoniate dai ritrovamenti
transalpini fino a Colonia. Presentano invece un'altra struttura di insieme
i ritrovamenti di Rodgen, Fredberg e Hofheim, situati sulla strada verso
i precedenti campi di Oberaden e Hofheim, anch'essi del periodo augusteo-tiberiano. Anfore spagnole dei diversi tipi sono presenti in otto campi di
legionari di quel periodo. Anfore spagnole del periodo vespasiano sono
invece a Gross-Gerau a sud di Mainz. Le Dr 20 cominciano a dominare sulle
anfore per garum nel periodo domiziano-traianeo - per esempio a Hessenbach
- per sparire poi nel periodo antonino.
La verifica dei tipi di anfore per garum e' purtroppo difficile
poiche' la documentazione delle scoperte risale in parte a settanta anni
fa'. In generale rimane solo la possibilita' di servirsi della tabella
Dressel, allora nota. Si puo' osservare che nella prima meta' del I sec.d.C.
le forme Dr 7-8 e le Dr 9-10 sono presenti con una certa frequenza; le
Dr 38 sono presenti a Vindonissa. Come nel Veneto e in Pannonia non sono
riconoscibili le forme Dr 8 e simili. Forme cosi' antiche non risultano
nei ritrovamenti in Pannonia dove sembrano essere arrivate forme gia'
del pieno I secolo. Il deposito di Verona risulta essere collegato con
le prime grandi esportazioni betiche dei tempi augustei. Contemporaneamente
il campo di Ausburg-Obertiensen in Retia presenta delle Dr 7-11 (Haltern
69) accanto a delle Dr 2-4. Il ritrovamento a Lorensberg (a sud di Ausburg)
mostra la presenza di anfore vinarie Dr 2-4 e solo alcuni frammenti di
Dr 7-11 e Dr 20. Ritrovamenti
spagnoli del periodo claudio-neroniano si hanno nelle stazioni legionarie
di Rheingonheim e Hofheim in Germania nonche' ad Aislingen e a Burghofe
nei pressi di Oberstimm in Retia. Vi sono inoltre anfore vinarie Haltern
70 e Dr 7-11 ad Aislingen sul Danubio. Le Dr 20 sono del periodo claudio;
lo stesso ad Oberstimm . In questa localita' si sono ritrovate anfore
norditaliche della meta' del I sec.d.C. che possiamo identificare come
Portorecanati. A questo punto ci domandiamo per dove passasse la strada
percorsa dai trasporti per raggiungere queste localita' sul Danubio. ***Il
percorso renano poteva essere il piu' comodo ed essere aiutato da un iniziale
tratto sulla via aquileiese ? Le anfore di Portorecanati si trovano invece
in varie localita' della Pannonia e ad Aquileia indicando questa via che
sembra essere anche confermata dai ritrovamenti di Magdalensberg che hanno
come terminus ante quem la bassa
datazione della meta' del I sec.d.C. Da altre
stazioni del periodo claudio-neroniano sul Reno, come Rheingonheim, provengono
esemplari delle Dr 28, Dr 7-11 e Dr 20. Ultimamente potevamo consultare
il materiale anforico di Teurnia in Carinzia ove sulle circa duecento
anfore ,quattordici risultavano iberiche,Invece nel
amfiteatro di Virunum scavato dal 1998 durante due stagioni dello
scavo, potevamo appena registrare qualche anfore per garum.Come gia’ ha
dimostrato J.Molina Vidal per Hispania Citerior, fra le città’ vicine
puo esistere la struttura di importazione diversa.Puo essere
anche mercato differenziato. Nel contemporaneo Hofheim, a nord-est di
Mainz, abbiamo contenitori vinari Dr 2-4 insieme a Dr 7-11, che da come
sono descritte sembrano piuttosto Dr 38, Dr 28 e Dr 20. Comunque la composizione degli insieme generalmente si differenzia
per una presenza piu' rica o piu' povera dei contenitori vinari. Nell'epoca
vespasiana invece vediamo ad Okarben, vicino a Francoforte, delle Dr 20
e forse delle Dr 28. A Gross-Gerau, che nel periodo augusteo era alimentata
da merci spagnole, mancano alla fine del I secolo, ove sono presenti solo
Dr 20 fino al III secolo. Gia' dal periodo di Vespasiano si osserva una
diminuzione delle presenze di anfore a garum nei campi renani a favore
dei contenitori oleari betici. Ai tempi di Domiziano e di Traiano si osservano
a nord del limes a Saalsburg, vicino a Zugmantel e a Henistadt e poi ad
Hessenlbach. numerose presenze di Dr 20. Non s'incontrano piu' anfore
spagnole a garum. Nel periodo antoniniano con gli spostamenti delle legioni
verso i confini del Danubio, le nuove stazioni mostrano solo la presenza
delle Dr 20 fino al III secolo, come ad Ohringen. I campi di Niederbieber
e di Holzhausen, della fine del II secolo con materiali anforici fino
al III secolo, presentano soltanto anfore spagnole olearie non bollate.
Non sappiamo nulla di eventuali presenze di Almagro 50 o 51. Nondimeno
anche con queste lacune il mosaico del commercio spagnolo ci avvicina
sempre all'ultimo elemento che e' l'Italia del nord, che prese parte a
questo commercio anche se in modo diverso delle altre parti dell'Impero.
Bibliografia tematica
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Amphores romaines
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