CERAMICHE TRA LA TARDA ANTICHITà E IL RINASCIMENTO  
Giovanna Cassani

I. Ceramica grezza (1).

I frammenti in ceramica grezza, piccoli, sbocconcellati e talora neppure riconoscibili provenienti, frammisti ad altri manufatti e a ciottoli, da due riempimenti rimaneggiati del terreno e portati alla luce durante le campagne di scavo del 1995 e 1996, sono pertinenti a orli, pareti e fondi di cinquantasette recipienti: cinque catini - coperchio o testi (2) per cuocere sulla brace pane e torte; quarantasette olle di medio-piccole dimensioni per cucinare, a diretto contatto della fiamma o su treppiede in ferro, carni e altri cibi solidi nei loro sughi. Le ollette potrebbero quasi ritenersi recipienti monodose per ciascun commensale (GARDELLI 1992, p. 336).

Le olle, per esempio, dal corpo arrotondato, privo di carenature e a gola chiusa, permettono al calore del fuoco di distribuirsi omogeneamente, impedendo così sia la frattura del corpo della olla stessa (il contenitore) a causa dei violenti contrasti termici (3) sia la fuoriscita dei fondi di cottura (il contenuto).

Si tratta di stoviglieria che tra il XIII e il XVI secolo (periodo cronologico della maggior parte del materiale esaminato), risponde alle innovative richieste culinarie per le quali anche il territorio di Codroipo sembra essere coinvolto. La cucina si fa più ricca di grassi (vegetali nell’area mediterranea, animali nella regione alpina) e più elaborata (MONTANARI 1993, p. 76), tanto che compaiono le prime raccolte di ricette, infrangendo così un silenzio che perdurava dall’età romana con il manuale attribuito ad Apicio.

Descrizioni tecniche

Le pentole di Codroipo sono foggiate a tornio e rifinite a mano con impasto argilloso che ad una prima indagine macroscopica risulta così definibile :

1) colore beige-marrone con sfumature rossicce (M. 5 YR 3/4 dark reddish brown), ricco di correttivi calcitici di medie dimensioni affioranti talora sulla superficie vacuolata e polverosa. È pertinente ai catini-coperchio e alle olle di forma Invillino III d 2.

2) colore grigio scuro (M. 2,5 YR 3/0 very dark gray) e grigio bruno (M. 10 YR 5/2 grayish brown), con minimi correttivi quarziferi. Esso caratterizza le olle rinascimentali presenti, oltre che a Codroipo, in tutta l’area veneto-friulana e a ridosso dell’attuale confine settentrionale e orientale delle Alpi. Queste rappresentano il manufatto in cui il rapporto forma - impasto si presenta costante, in tutti i rinvenimenti.

3) colore marrone scuro (M. 10 YR 3/2 very dark graysh brown), di discreto spessore, numerosi correttivi quarziferi, riferibile alle olle con decorazione eseguita con rotella dentata e a pettine.

Repertori formali (4)

Olle

Tipo 1 (cat. I.1). Sono olle caratterizzate da orlo everso assottigliantesi superiormente e bordo modanato del tutto simili agli esemplari (forma 5) rinvenuti a Udine nel palazzo Savorgnan (CASSANI, FASANO 1993, pp. 66-68 e bibl.) e risalenti al XIV secolo.

Tipo 2 (cat. I.7). Si tratta di un’olletta con alto orlo quasi verticale e labbro arrotondato, impostato sulla spalla sfuggente che ricorda le cosiddette olle a sacco di tradizione longobarda. La superficie esterna lisciata a stecca è stata decorata con un motivo a onde inciso prima della cottura. Pertinente ad essa parrebbe l’olletta 4 proveniente dal castello di Soffumbergo e datata tra il XIII e il XIV secolo (MAZZEI 1994, p. 66).

Tipo 3 (cat. I.3, 4). Sono olle medio piccole con orlo a mandorla ingrossato esternamente, riferibili alla forma 3 rinvenuta a palazzo Savorgnan (CASSANI, FASANO 1993, p. 65 e bibl.) e datate a epoca basso-medievale.

Tipo 4 (cat. I.8). È attestato da otto olle provenienti da ambedue gli scavi, di cui un esemplare, inv. n. 225.369, è stato parzialmente ricostituito. Ha orlo estroflesso, gola accentuata e breve con una decorazione incisa a pettine da denti piuttosto larghi. Pure il labbro è talora decorato con una serie di linee oblique. È riferibile alla forma Invillino III d2 (BIERBRAUER 1990, p. 63, 12-13) datata tra il V e il VII secolo (5).

Tipo 5 (cat. I.2). È l’olla tipica dell’area alpina nord-orientale presente dalla seconda metà del XV secolo a tutto il XVI: orlo esternamente modanato nelle varianti con labbro piatto e obliquo, riferibile alla forma 1 di palazzo Savorgnan (6).

Tale forma di olla, ai fini di un’indagine cronotipologica rivolta alle produzioni ed alle successive distribuzioni del pentolame rinascimentale, sembrerebbe essere fortemente circoscritta all’area friulana e in particolare a Udine, dove le attestazioni si susseguono a partire dalle succitate olle di palazzo Savorgnan, con ben cinquecentonovantadue esemplari (CASSANI, FASANO 1993, pp. 63-65), a quelle della fornace di via Brenari (scavi 1991, in studio), e ancora di palazzo Ottelio (in esposizione a Udine presso la Società Friulana di Archeologia).

Tipo 6 (cat. I.5, 6). È caratterizzata da orlo everso, labbro arrotondato, gola ben definita e corpo globoso. Si distingue inoltre da tutte le altre produzioni per una composita decorazione a partire dalla spalla, ottenuta sia dall’uso della rotella dentata che del pettine. Dai confronti eseguiti potrebbe trattarsi di materiale d’importazione proveniente dall’area transalpina occidentale e presente in numerosi siti indagati nel Piemonte (CERRATO et alii 1991, pp. 117-134 e bibl.), non oltre il XIV secolo. Nel Veneto, ad Asolo, questa decorazione è attestata su un catino (RIGONI 1987, p. 43).

Va infine segnalato che un fondo piatto di olla (cat. I.9) reca un marchio impresso a rilievo a linee radiali entro una circonferenza: trova confronti con materiali assegnabili, nel Veneto orientale (CASTAGNA, SPAGNOL 1996, p. 672) tra il VII-IX secolo e nella nostra regione al XIV secolo (CASSANI, FASANO 1993, p. 78 e bibl.).

I.1) Quattro frammenti ricostituiti di olla. Orlo everso, bordo a fascia modanata assottigliato superiormente, gola accentuata, spalla alta arrotondata. Impasto argilloso grigio scuro (M. 2,5 YR 3/0 very dark gray), lavorato al tornio. Ø 18; H 3. (1995) Inv. n. 225.252 (Tav. I, 4).

I.2) Frammento di olla. Orlo everso, bordo a fascia modanata, labbro piatto. Sul bordo decorazione a denti di lupo. Impasto argilloso bruno, grigio scuro (M. 10 YR 3/2 very dark grayish brown), lavorato al tornio. Corda 3; H 2. (1995) Inv. n. 225.255 (Tav. I, 2).

I.3) Frammento di orlo di olla. Orlo everso, bordo ingrossato a mandorla, gola alta marcata. Impasto argilloso grigio scuro (M. 2,5 YR 3/0 very dark gray), lavorato al tornio. Ø 24; H 3,5. (1995) Inv. n. 225.260.

I.4) Frammento di orlo di olla come la precedente e alloggio per il coperchio. Ø 22; H 3. (1995) Inv. n. 225.261.

I.5) Frammento di orlo di olla. Orlo estroflesso, labbro arrotondato. Sulla gola decorazione incisa a linee oblique. Impasto argilloso bruno grigio scuro (M. 10 YR 3/2 very dark grayish brown), lavorato al tornio. Ø 22; H 3. (1995) Inv. n. 225.262.

I.6) Frammento di orlo di olla. Orlo estroflesso, labbro arrotondato, spalla arrotondata. Decorazione a rotella dentata su linee eseguite a pettine. Impasto argilloso bruno grigio scuro (M. 10 YR 3/2 very dark grayish brown), lavorato al tornio. Ø 12; H 4,5. (1995) Inv. n. 225.274 (Tav. II, 1).

I.7) Frammento di olletta "a sacco". Sull’attacco dell’orlo motivo inciso a onde. Impasto argilloso grigio scuro (M. 2,5 YR 3/0 very dark gray), lavorato al tornio e rifinito a stecca. Ø 9; H 6. (1995) Inv. n. 225.267 (Tav. I, 1).

I.8) Otto frammenti ricostituiti di olla. Orlo esoverso subtriangolare, labbro leggermente pendulo spalla arrotondata corpo globoso. Impasto argilloso bruno (M. 5 YR 3/4 dark reddish brown), lavorato al tornio. Ø 18; H 5,5. (1996) Inv. n. 225.369 (Tav. I, 3).

I.9) Frammento di fondo piatto di probabile olla. Con marchio a rilievo formato da linee radiali inscritte nel cerchio. Impasto argilloso bruno grigio scuro (M. 2,5 YR 3/0 very dark gray). 3 x 2,5. (1996) Inv. n. 225.379 (Tav. II, 4).

Catini - coperchio

La produzione dei catini-coperchio conosce nell’area padana (BROGIOLO, GELICHI 1986, p. 316), a partire dal periodo altomedievale, una notevole ripresa che interessa anche il Friuli (7). Tale trend è ulteriormente confermato dallo scavo di Codroipo, ove sono stati rinvenuti sei piccoli frammenti di orli ingrossantisi superiormente ed a parete leggermente concava.

I.10) Frammento di catino-coperchio. Orlo leggermente endoverso e ingrossato internamente, parete concava decorata esternamente con pettine di denti di 3 mm. Impasto argilloso grigio bruno (M. 5 YR 3/4 dark reddish brown), lavorato al tornio. Corda 1,5; H 4. (1995) Inv. n. 225.298 (Tav. II, 2).

La stessa forma presentano i frammenti inv. n. 225.299 e 225.300.

Orcioli

Dalle fosse indagate provengono inoltre quattro anse a nastro, foggiate con un impasto argilloso di discreto spessore, ma che risulta compatto e ben cotto forse grazie alle numerose fenditure (inv. 225.301 e 225.303) o ai piccoli fori (inv. 225.302 e 225.304) eseguiti dal vasaio sull’impasto ancora crudo. Tali decorazioni in questi casi uniscono al valore estetico quello funzionale con l’ampliamento delle superfici di irragggiamento durante la cottura del manufatto stesso. Anse simili risultano essere elementi di orcioli già rinvenuti a S. Giorgio di Nogaro (FASANO 1992, p. 76), presso il castello di Colloredo di Montalbano (TOMADIN 1994, p. 58) e nella chiesetta dei Santi Andrea e Anna di Perteole (visionati personalmente).

I.11) Frammento di ansa di boccale, ansa a nastro con fenditure incise che si rincorrono. Impasto argilloso grigio bruno (M. 10 YR 5/2 graysh brown), lavorato a mano. Largh. 3,5; H 4. (1995) Inv. n. 225.303 (Tav. II, 3).

Presentano la stessa morfologia con piccole varianti tecniche i frammenti inv. n. 225.301, 225.302 e 225.304 (Foto 10).

II. Ceramica graffita.

Dalla trincea scavata nell’area della prima pieve all’interno della cortina medievale (BUORA 1996, p. 554) proviene l’unico esemplare ceramico interamente ricostruito (8). Si tratta di una ciotola con decorazione geometrica (cat. II.1) a punta e a stecca ove, nel cavetto, le circonferenze si susseguono agli archetti posizionati su dentelli. La forma è a calotta con carenatura arrotondata, piede ad anello e al centro piccolo umbone. Sul cavetto rimangono i segni dello stacco del distanziatore. I colori sono il giallo-ferraccia e il verde-ramina. La superficie esterna non è rivestita.

È una ciotola molto comune nell’area veneto-friulana del XVI secolo (primo quarto) (BELLIENI 1991, p. 86, fig. 59; COSTANTINI 1997, pp. 91, 93) allorquando nel graffito le prime stanchezze creative (9) si fanno sentire e il lato innovativo viene dall’uso della stecca, che in questo oggetto il vasaio ha usato per delineare pochi segni, anticipando le ben più elaborate produzioni a stecca successive.

Inoltre dai due riempimenti del terreno provengono diciotto frammenti riferibili a quattordici pareti, non attribuibili, e a quattro fondi (d’una scodella, d’una brocca e di due catini).

Il fondo del catino (cat. II.2), con piede ad anello umbonato e privo di rivestimento esterno, presenta nel cavo parte dell’asola del così detto nodo di Salomone, con a lato un rombo tagliato in croce. I colori sono giallo-ferraccia e azzurro-cobalto. Tale motivo è tipico della produzione tarda della ceramica graffita, rinvenuta sia nella nostra regione (BERTACCHI 1977, p. 55 ) che nei vicini territori veneti (BELLIENI 1991, pp. 84-85).

L’altro catino (cat. II.3) evidenzia nel cavo un disegno, inciso a punta, dall’esecuzione svelta, ma di delicato effetto. Si tratta di un vaso con fiori e foglie lanceolate nei colori giallo-ferraccia, verde-ramina e azzurro-cobalto, mentre la superficie esterna è rivestita con ingobbio sotto vetrina. Tale decorazione si può ritenere di moda all’epoca. Si trova, infatti, replicata anche su altre forme. Ne sono un esempio le ciotole provenienti dallo scavo della residenza Palladio a Udine (COSTANTINI 1992, cc. 204-205) e conservate presso la Soprintendenza di Udine.

Il fondo della scodella (cat. II.4), con piede ad anello umbonato, ha il cavetto completamente occupato da un fiorellone (una rosa ?), eseguito a punta e a stecca e rivestito di vetrina giallognola molto brillante. Tale motivo rimanda ad esemplari del Veneto orientale, risalenti all’ultimo quarto del XVI secolo (COZZA 1989, p. 139).

Il fondo del boccale (cat. II.5) ha fondo piatto leggermente espanso e bordo arrotondato, la vetrina è brillante, i colori sono giallo-ferraccia e verde-ramina. L’esiguità del frammento rende impossibile la lettura del motivo decorativo.

Ciotole

II.1) Ciotola ricostituita e integrata. Orlo dritto arrotondato, carenatura mediana, cavo a calotta, piede a anello e piccolo umbone centrale. Nel cavo decorazione geometrica di archetti e dentelli eseguiti a punta sottile e a stecca. Colori giallo-ferraccia e verde-ramina. Segni dello stacco del tripunte di cottura. Impasto argilloso beige-rosato, lavorato al tornio. Ø bocca 12,5; Ø fondo 6,2; H 5. (1995, trincea chiesa) Inv. n. 225.355 (Foto 3).

Catini

II.2) Frammento di fondo di catino. Piede ad anello obliquo. Decorazione formata dal così detto nodo di Salomone, sormontato da rombo tagliato in croce. Colori giallo-ferraccia e blu-cobalto. Segni dello stacco del tripunte di cottura. Impasto argilloso rosato, lavorato al tornio. Ø 9; H 5. (1996) Inv. n. 225.390 (Foto 4).

II.3) Frammento di fondo di catino. Piede ad anello obliquo. Decorazione, eseguita a punta, consistente in un vaso con fiori e foglie. Colori giallo-ferraccia, verde-ramina e blu di cobalto. Impasto argilloso rosato, lavorato al tornio. Ø 8,2; H 2,5. (1996) Inv. n. 225.391 (Foto 5).

Scodelle

II.4) Frammento di fondo di scodellone. Piede ad anello obliquo. Decorazione floreale eseguita a punta e a stecca. Colori giallo-antimonio e verde-ramina. Impasto argilloso beige-rosato, lavorato al tornio. Ø 6; H 2,5. (1996) Inv. n. 225.392 (Foto 6).

Brocche

II.5) Frammento di fondo di boccale. Fondo piatto espanso, arrotondato. Colori giallo-ferraccia, verde-ramina. All’interno rivestito di ingobbio e vetrina incolore. Ø 8; H 4. (1996) Inv. n. 225.420.

III. Ceramica invetriata verde.

Tra le ceramiche invetriate monocrome, lavorate al tornio, una classe ben definita a partire dal XV fino al XIX secolo (10) è la produzione popolare di tipo esclusivamente funzionale a vetrina verde.

Dallo scavo di Codroipo 1995 provengono due frammenti: un orlo di probabile vaso e un fondo di catino.

Catini

III.1) Frammento di fondo di catino, fondo ad anello. Invetriatura verde sul cavo. Impasto argilloso arancio, lavorato al tornio. Ø 9; H 2. (1995) Inv. n. 225.309 (Foto 7).

Vasi

III.2) Frammento di orlo di vaso. Orlo ingrossato eternmente. Invetriatura verde iridata, distribuita solo sulla superficie esterna. Impasto argilloso beige, lavorato al tornio. Ø 24; H 4,8. (1996) Inv. n. 225.308.

IV. Ceramica invetriata gialla.

Le teglie sono due con orlo a mandorla (cat. IV. 1) e una con orlo semplice arrotondato (cat. IV. 2). Il fondo superstite è piatto, privo di rivestimento, con marcate tracce di combustione dovute alla diretta esposizione alla fiamma del focolare. Recipienti simili rinvenuti presso il castello di Colloredo di Montalbano vengono fatti risalire al XV-XVI secolo (TOMADIN 1994, p. 75).

Teglie

IV.1) Quattro frammenti ricostituiti di orlo e fondo. Orlo dritto, arrotondato, sottolineato da una linea incisa, fondo piatto. La superficie interna è rivestita di vetrina gialla che trasborda sul labbro esterno. Tracce di affumicatura sul fondo nudo. Impasto argilloso arancio, lavorato al tornio. Ø 22; H 6. (1995) Inv. n. 225.312 (Foto 8).

IV.2) Frammento di orlo a mandorla. La superficie interna è rivestita di vetrina gialla, che compare anche sul labbro esterno. Impasto argilloso arancio, lavorato al tornio. Corda 3,5; H 3. (1996) Inv. n. 225.332.

Coperchi

IV.3) Coperchio integrato, privo della presa. Vetrina gialla distribuita sulla superficie esterna. Impasto argilloso arancio, lavorato al tornio. Ø max. 9 H 3,5. (1995) Inv. n. 225.333 (Foto 9).

V. Ceramica invetriata bruno-manganese.

Dallo scavo del 1995 proviene un versatoio da mensa, prodotto al tornio con impasto argilloso tenero e uniforme di colore grigio, rivestito per immersione su entrambe le superfici da cristallina di colore bruno. Dell’oggetto rimane il fondo piatto, leggermente espanso e parte del ventre, presumibilmente ovoide. Il suo profilo e la sua struttura sono tipici delle produzioni prerinascimentali, anche se per ora è impossibile segnalare confronti editi del tutto simili.

Boccali

V.1) Quattro frammenti, di cui uno non ricostituibile, di fondo e ventre di boccale, fondo piatto espanso, corpo ovoide. Vetrina bruno-manganese distribuita su entrambe le superfici. Impasto argilloso grigio-beige, lavorato al tornio. Ø 10; H 13. (1995) Inv. n. 225.305.

VI. Ceramica invetriata maculata.

Dagli scavi di Codroipo provengono due esemplari appartenenti a due distinti momenti cronologici di questa plurisecolare produzione ceramica. Si tratta di un catino (cat. VI.1) il cui decoro è qui reso da una puntinatura data a spugnetta direttamente sull’ingobbio con i colori marrone e azzurro, ma che all’epoca (seconda metà del XVI secolo) veniva eseguito con i più svariati abbinamenti dei pigmenti esistenti sul mercato (11). L’altro esemplare è un fondo di una probabile ciotola con piede bassissimo ad anello arrotondato, recante impresso il numero 4 della serie (cat. VI.2). È una produzione ormai evoluta che raggiunge un livello qualitativo molto alto nella perfetta imitazione della pietra dura: il diaspro. Tale frammento potrebbe appartenere ad una produzione francese risalente al XVII secolo nota come decoro baroque o jaspé (cfr. VICARD 1990, p. 173).

Catini

VI.1) Frammento di fondo e attacco parete di catino, fondo piatto espanso, parete obliqua. La superficie esterna è decorata a marmorizzazione puntinata nei colori bruno e azzurro; la superficie interna è rivestita di ingobbio e vetrina incolore, sul cavo decoro residuale. Ø 9; H 6. (1995) Inv. n. 225.430 (Foto 12).

Ciotole

VI.2) Frammento di fondo di piatto a decorazione maculata imitante il diaspro. Colori marrone e ocra, vetrina brillante. Sul fondo a punzone il numero 4. Largh. 6,7; lungh. 2. (1995) Inv. n. 225.318 (Foto 11).

1 Questa riflessione a carattere schematico è da ritenersi work in progress, come lo sono tutte le ricerche, soggetta quindi a successive ramificazioni o potature sia da parte della scrivente che da altri studiosi che lo riterranno opportuno.

2 Per non cadere nel generico, l’unico esempio che voglio fare sull’uso di tali recipienti nella cucina del tempo è reperibile in una ricetta tratta dal Libro di cucina del XIV secolo in cui si legge "... se tu fai in testo de rame le vale pocho foco; in testo de terra ge vole assai foco... ".

3 Problemi tecnici non nuovi, già trattati da D. E. Arnold (1985, p. 226).

4 Data l’esiguità dei frammenti il repertorio formale si basa sulla descrizione del profilo dell’orlo, secondo una prassi ormai collaudata a partire dall’ampia analisi prodotta dal noto studioso tedesco V. Bierbrauer (1987).

5 Analoghi confronti provengono dalla pieve di S. Martino di Rive d’Arcano (NEGRI 1997, pp. 78-79 e bibl.), dal Castello di Verzegnis (PIUZZI 1996, p. 218).

6 Cfr. CASSANI, FASANO 1993, pp. 63-64 e bibl. Ulteriori esemplari provengono dall’ala Nievo del castello di Colloredo (TOMADIN 1994, p. 55), dal castello di Soffumbergo (MAZZEI 1994, p. 66), dalla pieve di S. Martino a Rive d’Arcano (NEGRI 1997, p. 82), dalla chiesa dei Santi Andrea e Anna a Perteole, Comune di Ruda (visionati personalmente) e infine dal palazzo Ottelio di Udine (in esposizione presso la sede della Società Friulana di Archeologia - UD).

7 Per i ritrovamenti friulani cfr. CASSANI, FASANO 1993, pp. 70-71.

8 Restauro eseguito nel laboratorio dei Civici Musei di Udine da V. De Venz.

9 Non solo stanchezza d’ispirazione, ma anche imitazione delle produzioni metalliche ageminate che erano state introdotte con successo commerciale dal mondo islamico (MUNARINI 1993, pp. 42-50). Il vasaio imprimeva con la stecca sull’oggetto diversi strati, giocati tra l’ingobbio (biancastro) e il biscotto (marrone), creando negli esemplari più elaborati gli stessi effetti che gli ajami ottenevano nelle loro preziose produzioni mediante il contrasto coloristico di più metalli.

10 Per confronti con materiali risalenti al XV secolo si veda COSTANTINI, LALLI 1994, p. 72, e con produzioni moderne STRINGA 1994, p. 114.

11 Si veda: dallo scavo urbano di Concordia Sagittaria (MUNARINI 1989, pp. 141-149), dalla chiesa di San Giorgio di Nogaro (TERMINI 1992, p. 62) e dal palazzo Savorgnan (LEONARDUZZI 1993, p. 56).

Giovanna Cassani, Geremia Nonini

CERAMICHE MODERNE

La vivacità del mercato codroipese e in particolare i gusti dei parroci locali sono manifesti anche nell’analisi delle ceramiche, côté cucina e tavola, di epoca moderna. Infatti oltre alla presenza di vasellame della vicina ditta Galvani di Pordenone, è stato rinvenuto vasellame d’importazione della Fabbrica di Rivarotta e della Ditta Richard Ginori.

I. Galvani.

La ceramica Galvani è presente negli scavi con una trentina di frammenti, espressioni materiali delle sue fondamentali produzioni: la cristallina e la terraglia.

Cristallina

A tale classe ceramica appartengono più frammenti di una fiasca, meglio nota in Friuli come butac il recipiente per liquidi che i contadini portavano al campo e a cui attingevano per dissetarsi (tuttora presente in numerose collezioni private, sul mercato antiquario e nei musei della civiltà contadina (1). Sin dal lavoro d’inventario dei materiali ottocenteschi l’attenzione è stata attratta da una grafia multipla che appariva sul frammento di collo, spalla e cicatrice d’ansa della fiasca (cat. I.1). Appariva inconsueta sia per la duplice tecnica a punzone e a graffio sia per il tempo di esecuzione. Il marchio primario a punzone esprimente il numero cinque, posto dal fornaciaio sul manufatto prima dell’infornatura, è stato successivamente fatto precedere, in modo molto elementare e poco tecnico, dalla lettera L fatta seguire dalla virgola unitamente ai numeri sei e zero: per cui attualmente si legge L 5,60. Una prima interpretazione di tale grafia potrebbe portare al proprietario della fiasca (un oste codroipese ?), quasi avesse deciso per necessità di cambiare il messaggio del marchio primario da espressione di capacità a numerale indicante il prezzo del liquido (vino ?) contenuto nella fiasca.

In cristallina dipinta sono due frammenti di fondi di ciotole (cat. I.2) prodotte a tornio con impasto argilloso rosato e piede ad anello. Sul cavo un semplice ciuffo d’erba stilizzato in colore bruno-manganese. Per ora tale decoro è riferibile ad una produzione Galvani del primo Ottocento, come documentato dal confronto con un esemplare integro esposto alla mostra Andrea Galvani. 1797-1855. Cultura e Industria nell’Ottocento a Pordenone, svoltasi a Pordenone nel 1994 (2).

Fiasche

I.1) Sette frammenti di fiasca in cristallina, vetrina piombifera su entrambi i lati. Impasto argilloso beige-arancio, lavorato al tornio. Sul ventre a punzone il numero 5 impresso, graffite la lettera "L" e il numero 60. Ø collo 6; H 9,5. (1995) Inv. n. 225.325 (Tav. I e Foto 13).

Ciotole

I.2) Fondo di ciotola in cristallina dipinta. Sul cavetto motivo vegetale in bruno manganese. Ø 7,5; H 2. (1996) Inv. n. 225.389.

Presenta la stessa morfologia e la stessa decorazione il frammento (1995) inv. n. 225.317 (Foto 14 e 15).

Terraglia

L’azienda Galvani nel 1823, ormai decollata con le primitive cristalline "pignatte, scodelle, piadene, catini, scaldini, fiasche, boccali, ciotole" (3) (Foto 16 e 17), avvia con innovazioni tecnologiche e commerciali la produzione, foggiata a stampo, di terraglia detta "ad uso inglese" o terraglia fine.

I frammenti di Codroipo sono orli e fondi riferibili a piatti fondi, piani, piattini, piatti da portata, scodelle, quasi esclusivamente in terraglia bianca con orlo semplice e talora (tre esemplari) con filettature colorate lungo tutto l’orlo. Di essi solo due piatti presentano un orlo festonato, a larghe baccellature, secondo una moda piuttosto ricorrente alla fine del XIX secolo.

L’unica presenza di terraglie decorate è data da un fondo di scodella e da un frammento di orlo di piatto illustranti una sezione della tecnica del transfer print: il così detto "Castello di Ferrara" nei colori marrone e blu, ottenuti dal pigmento colorante dell’ossido di cobalto e del manganese. Il frammento di fondo di scodella (cat. I.5) presenta infatti nel cavo una veduta portuale, in colore marrone, con un imponente castello di gusto nordeuropeo, ma che allora si diceva ricordasse il castello dei duchi d’Este. Sul fondo esterno compare il marchio a tampone inchiostrato della ditta Galvani.

Tale veduta era, negli esemplari integri, incorniciata da ricche bordure floreali di cui resta un piccolissimo frammento di orlo (inv. n. 225.346) relativo ad un piatto in colore blu.

Si tratta di produzioni che incominciano ad essere realizzate dopo gli accordi intercorsi attorno al 1845 tra Andrea Galvani (4) e la nota ditta inglese Wedgwood, per le licenze relative al succitato decoro "Castello di Ferrara" e ad altri non meno celebri quali Willow e Colandine, liberamente reinterpretati dalle maestranze della Galvani.

Piatti

I.3) Frammento di fondo di piatto in terraglia bianca. Marchio inchiostrato Galvani-Pordenone. Largh. 7; lungh. 4,5. (1995) Inv. n. 225.342 (Foto 18).

I.4) Frammento di fondo di piatto in terraglia bianca. Sul fondo esternamente a punzone il numero 71/2. Largh. 5; lungh. 4. (1995) Inv. n. 225.329.

Scodelle

I.5) Frammento di fondo di scodella in terraglia a decalcomania con decorazione "Castello di Ferrara" in colore bruno manganese. Piede a anello con marchio inchiostrato Galvani-Pordenone-Ferrara. Ø 7; H 3. (1995) Inv. n. 225.395 (Foto 19).

II. Rivarotta.

Attinenti alla manifattura di Rivarotta (VI) sono quattro frammenti di fondi di due catinelle e due scodelle in ceramica ingobbiata dipinta sotto vetrina.

I due fondi di catinelle, di cui una in stato precario, recano sul cavo un fiorellone multipetalo a colori blu e contorni bruno manganese, incorniciato da ondeggiante fogliame di colore blu, probabile rielaborazione non realistica della pianta della peonia (BABEL 1989, pp. 123-130). I confronti con le scoperte intercorse a partire dal 1979 nell’area occupata dalla Fabbrica trovano rispondenze con il frammento di fondo che, insieme ad altri esemplari, figura nella copertina del catalogo Antica Fabbrica di Cristallina e Terra Rossa. Gli impasti argillosi sono di colore marcatamente rosso aranciato del tutto simili tra loro ed a quelli degli esempari che seguono.

Le due scodelle sono con piedino a anello arrotondato e presentano nel cavetto il motivo a "girandola" in colore ocra. Tali elementi decorativi della serie die Blumen der Brenta, sono caratteristici della produzione ottocentesca di Rivarotta (MARINI 1990, pp. 357-359).

Forse non appartenente alla manifattura di Rivarotta, ma ad una manifattura locale non ancora identificata (5), è un fondo di catino (cat. II.2) recante sul cavo un sottile ramo che regge due grosse foglie stilizzate colore verde-bruno quasi a proteggere una bacca. Il piede ad anello è largo, basso con piccolo umbone centrale. La superficie esterna è rifinita da uno strato di ingobbio sotto vetrina non ben diluita. L’impasto argilloso compatto è di colore arancio. Tale decoro compare su un piatto attribuito a una produzione friulana rinvenuto negli scavi del 1976 svoltisi nelle immediate vicinanze del fiume Natissa nel centro di Aquileia (BERTACCHI 1977, p. 80).

Catini

II.1) Frammento di catinella in cristallina dipinta, della Manifattura Rivarotta. Sul cavo decoro floreale blu-cobalto. Lavorazione al tornio. Ø 9; H 3. (1996) Inv. n. 225.394 (Foto 20).

Presenta la stessa morfologia e la stessa decorazione il frammento (1996) inv. n. 225.416.

II.2) Frammento di grande catino in cristallina dipinta. Sul cavo decoro floreale. Lavorazione al tornio. Ø 10; H 1,8. (1996) Inv. n. 225.393 (Foto 21).

Scodelle

II.3) Frammento di fondo di scodella in cristallina dipinta, della Manifattura Rivarotta. Piede ad anello obliquo. Sul cavo decoro a girandola in colore ocra. Ø piede 4,5. (1996) Inv. n. 225.388a (Foto 22).

Presenta la stessa morfologia e decorazione il frammento (1996) inv. n. 225.388b.

III. Richard.

Dallo scavo di Codroipo 1995 provengono due frammenti di fondi di probabili piatti (cat. III.2-3) e un frammento di fondo di scodella (cat. III.1) in terraglia bianca recanti il marchio assunto nel 1896 dalla manifattura milanese Richard al momento dell’acquisto della Ginori di Doccia (BROSIO 1980, pp. 14-29).

Scodelle

III.1) Frammento di fondo di scodella in terraglia bianca. Marchio inchiostrato Richard. Ø 6; H 5,7. (1995) Inv. n. 225.339 (Foto 23 e 24).

Piatti

III.2) Frammento di fondo di piatto in terraglia bianca. Marchio inchiostrato Richard. Largh. 3,3; lungh. 2,8. (1995) Inv. n. 225.340 (Foto 21).

III.3) Frammento di fondo di piattino in terraglia bianca filettata in oro. Ø 8. (1995) Inv. n. 225.341.

 

Tabella riassuntiva delle presenze ceramiche tardo-antiche e moderne

negli scavi di Codroipo 1995-1996

CODROIPO 1995 CODROIPO 1996

SECOLO XX/XIX XVII XVI/XV XIV/XIII VII/V XX/XIX XVII XVI/XV XIV/XIII VII/V

Grezza + + + + + +

Inv. da fuoco + +

Inv. verde +

Inv. gialla +

Inv. marmorizzata + +

Inv. bruno-manganese +

Graffita + +

Cristallina + +

Terraglia + +

 

1 Questo recipiente diffuso pressoché identico in tutti gli ambienti rurali d’Italia, dal Friuli alla Sicilia, suggestionò lo scrittore francese A. de Lamartine (1790-1869) durante il suo tour nell’Italia centro-meridionale. Infatti nel racconto "Graziella" si abbandona più volte ad una dolce sensuale descrizione del momento in cui la giovane amica avvicina il recipiente in terracotta alla bocca per bervi l’acqua. Così si legge ... dans une petite jarre de terre oblongue ..., pendant que nos lèvres se collaient à l’orifice ... ("Graziella", ed. Gallimard, Paris 1979).

2 Si ritiene di segnalare, come argomento per ulteriori studi sulle attribuzioni delle ceramiche cristalline, che nel mercato antiquario recipienti simili sono venduti come provenienti dall’area bellunese.

3 Così si legge nella copia, conservata presso il Museo Civico d’Arte di Pordenone, del giornale redatto nel 1811 dallo stesso Giuseppe Galvani fondatore della Ditta.

4 Si veda MUNARINI 1992, pp. 4-7; STRINGA 1994, p. 125.

5 Sui recenti dati acquisiti, inerenti le ceramiche postmedievali e i loro relativi luoghi di produzione nel Friuli-Venezia Giulia, si rimanda al dettagliato intervento presentato a Sassari al convegno internazionale di studi del 17-20 ottobre 1994 da M. Buora (1997).

Parte quarta: analisi scientifiche e restauri